Lisi, Che ne è della cultura contadina. Resti attivi nell’era tecnologica
Questo testo di Giuseppe Lisi “non è una prigionia nella memoria contadina, è invece una spinta a ragionare largo, a respirare a due polmoni, a discernere quanto è grande la realtà, e quanto essa si fondi sempre su cardini costanti nel tempo“.
Con le edizioni dell’asino pubblica questo testo che merita attenta lettura.
“So per amicale memoria – scrive Giuseppe De Rita nella Prefazione – che leggere un libro di Giuseppe Lisi è un esercizio impegnativo e spesso difficile. Egli è per antica scelta culturale e per umana consuetudine, un attentissimo cultore della civiltà contadina e un infaticabile suo interprete, convinto com’è che la nostra attuale società (tutta mercantile, industriale, digitale, finanziaria) avrebbe grande vantaggio a non tagliare con il passato e cogliere invece la potenza profonda del mondo contadino, molto più complesso (e intelligente, capace cioè di comprendere) dei canoni e dei linguaggi interpretativi di oggi“.
L’Autore rievoca attrezzi agricoli che ora si trovano, forse, nei mercatini. Anche lo stesso De Rita lo evidenzia dicendo che Giuseppe Lisi “ha concentrato anni di vita a raccogliere e interpretare gli oggetti di quel mondo, sempre più convinto negli anni che quegli oggetti parlano più di tante pagine di libro. Gli amici sanno della sua metodica esplorazione di mercatini di cose antiche; sanno quanto sia straordinaria la sua collezione di oggetti e arnesi agricoli e paesani; e soprattutto sanno (e si beano) delle sue allegre spiegazioni di tutti quegli oggetti, nell’orgoglioso primato della cultura più radicale, quella orale“.
Un piccolo testo ma di grande spessore di memoria per ciò che rievoca, come la cultura contadina densa e pregna di saggezza, vita vissuta, realismo, concretezza, esperienza.
Tutte qualità utili per ogni stagione, soprattutto oggi.
Giuseppe Lisi, Che ne è della cultura contadina. Resti attivi nell’era tecnologica, Roma, edizioni dell’asino, 2020, pp. 88, € 8,00.