Massini, Mein Kampf. Da Adolf Hitler
Mein Kampf è in fondo solo l’autobiografia di un trentacinquenne delirante alla ricerca di capri espiatori e di sfoghi esistenziali, con l’aggravante però di una spiccata propensione all’empatia, agli albori di un Novecento che nel carisma avrebbe eletto la propria apoteosi.
Stefano Massini è nato a Firenze nel 1975. È il primo autore italiano ad essersi aggiudicato un Tony Award, l’Oscar del teatro americano.
Con la qualificata casa editrice Einaudi pubblica una sua biopsia del testo maledetto, un feroce distillato in cui la religione nazista di rabbia e paura, il culto dell’io e l’esaltazione della massa ci appaiono in tutta la loro forza di potentissimo déjà-vu.
Scriveva Primo Levi che niente è piú necessario della conoscenza per evitare il ripetersi della tragedia, soprattutto se essa prende forma lentamente nella progressiva seduzione delle masse.
A un secolo di distanza da quando Adolf Hitler dettava il suo manifesto politico in una cella di Landsberg am Lech, quelle pagine sono diventate uno dei simboli del male assoluto, e come tali sottoposte all’anatema laico che ne ha fatto un libro proibito.
Ma questo cono d’ombra, figlio di una freudiana rimozione, ha contribuito ad accrescerne la mitologia fino a quando, nel 2016, la Germania ha deciso di consentirne nuovamente la distribuzione in libreria proprio per smontarne la leggenda e percepirne gli echi nel presente, con la consapevolezza che niente può distruggere l’orrore piú del senso critico, e dunque la riconversione del mostro nei perimetri della realtà.
Da questa formula, ripetibile e tuttora emulata a ogni latitudine, discende l’urgenza di confrontarci ora piú che mai con un testo mai morto, capace di riproporsi sotto marchi e colori diversi soprattutto in un’epoca in cui la propaganda si è ramificata online, e ci raggiunge ormai capillarmente.
Stefano Massini, Mein Kampf. Da Adolf Hitler, Torino, Einaudi, 2024, pp. 72, € 11,00.