Martini, Mosè
Agosto 1978. P. Carlo Maria guida un corso di Esercizi spirituali a un gruppo di confratelli gesuiti. Il tema scelto è la figura di Mosè. Sette meditazioni che l’allora neo rettore della Gregoriana ha forgiato, perché lui per primo si lasciava forgiare dalla Parola di Dio.
“Le parole della Bibbia sono come il seme – scrive p. Maurizio Teani, gesuita, nell’introduzione alla nuova edizione con Garzanti – : parlano a noi oggi solo se le facciamo calare nel terreno della vita. Parlano a chi è immerso nei problemi fondamentali dell’esistenza e del proprio momento storico, quei problemi a cui la Scrittura offre una risposta originale“.
Quando ci si accosta ai testi di Carlo Maria Martini, sia che sono omelie, oppure corso di Esercizi come questo, oppure Lettere pastorali, bisogno essere come un terreno che da diverso tempo non riceve acqua: le sue parole scendono in profondità, e lungo il loro percolare interiore, rilasciano una freschezza nutriente che la può sperimentare solo chi ne fa diretta esperienza. Per interposta persona non è possibile.
Nei tempi della pandemia, e delle restrizioni divenute compagne forzate di viaggio, riprendo una frase di Martini, nella meditazione ai suoi confratelli riferita a Mosè verso i suoi 40 anni: “L’isolamento come tale ha un carattere negativo: è l’uomo che vive disperatamente solo, magari in mezzo alla gente, ove comunque si sente non compreso e fallito; al contrario, la solitudine per ogni uomo, anche per l’uomo moderno, è un valore fondamentale. Ciò vuol dire – prosegue p. Carlo Maria – che c’è un momento in cui l’uomo giunge a riconoscere che niente lo soddisfa davvero, che tutti i suoi metodi, tutte le sue esperienze, tutte le sue speranze lo hanno soddisfatto solo fino a un certo punto: rimane ancora un vuoto, un vuoto che soltanto Dio può colmare. È un’esperienza che non si fa quando ancora le cose si accavallano una sull’altra e si continua a sperare che ciascuna di esse riempia quel vuoto“.
Suggerisco la meditazione di questo testo a una condizione interiore: di non sfogliarlo come semplici parole, ma di gustarlo a piccole frasi, brevi paragrafi, per avvertire tutta la ricchezza che può sprigionare a chi si fa umile e piccolo davanti alla Parola. Come è stato per Mosè. E per Carlo Maria, gesuita.
Carlo Maria Martini, Mosè, Milano, Garzanti, 2020, pp. 160, € 10,00.